A mio padre piacevano le mappe. Mi insegnava a leggere le curve di livello, ad utilizzare una bussola, a riconoscere una strada da un sentiero guardando semplicemente quelle righe tracciate sulla carta.
A lui non piaceva camminare. Ricordo nei nostri soggiorni a Sampeyre risuonare la frase "questa strada non l'abbiamo ancora mai fatta" e poi partire con una Fiat Croma di inizio degli anni '90 sulla Strada dei Cannoni, verso i Colli del Prete o della Bicocca, verso la Battagliola o i Tenou... non so come facesse ma ci arrivavamo sempre.
A mio padre piacevano le diapositive. Aveva una Canon A-1. Mi ci approcciavo con un certo timore. Attento perché "costa cara", "sviluppare le foto costa caro, non sprecarle".

La mia passione per questa vallata è nata così, fra mio padre che mi spiegava la parte più "tecnico-tecnologica" e mia madre che mi portava invece in braccio fino ai Laghi Blu anche quando ormai andavo alle elementari.
Buco nero adolescenziale.
Mi sono riapprocciato alla montagna verso i 25, dopo anni trascorsi a pensare più ai viaggi e ad uscire. Sentivo la necessità di allontanarmi da qualcosa che non mi rappresentava e non mi soddisfaceva, e il fascino di quelle montagne era una sirena che coglievo da lontano.
Gli smartphone di allora erano fotograficamente orrendi, mi portavo dietro una compatta Casio. 
Non so se ho iniziato ad andare in montagna per fare foto o se ho iniziato a fare foto per andare in montagna, forse entrambe le cose, due emozioni diverse eppure così affini.
Saccheggio il mercato dell'usato, compro una macchina fotografica, ne vendo un'altra, economia circolare. Sono arrivate prima la Canon 7D, poi la 6D insieme a una 7Dmk2, obiettivi che vanno e vengono, corsi di fotografia a Saluzzo e in Val d'Aosta.
Manca qualcosa.
A cosa serve andare in montagna e fare foto per poi pubblicarle sui social? A farmi dire che sono bravo da persone che non conosco? Vana gloria? Fame di Like? Che fastidio.
Sento la necessità che questo mio hobby sia utile anche agli altri, altrimenti mi sembra una dichiarazione di egoismo. E di malcelato edonismo.
Nasce l'idea dei calendari e di specializzarmi nella vallata che conosco meglio, la Valle Varaita, con mappe che mi tornano alla mente dai tempi dell'infanzia e paesaggi che voglio strappare agli dei per mostrarli a chi non può o ancora non sa goderne. Primi sintomi di titanismo.
Nel 2014 pubblico un primo calendario. Foto a caso di tutte le vallate dalla Stura alla Po, 300 copie, quasi tutte vendute nonostante arrivino in pochi negozi solo a fine novembre.
Con lui arriva la P. Iva, oddio.
Anno sabbatico, occorre riordinare le idee.
Nel 2016 arriva il primo calendario dedicato interamente alla Valle Varaita, pubblicato ogni anno e fermato finora solo dalla mancanza di sovvenzioni da parte degli enti locali nell'anno post-Covid.
Ça va sans dire.
Con i calendari arrivano le serate in giro per la Provincia e nel Torinese. Mostre fotografiche e corsi di fotografia stando dalla parte opposta della cattedra a cui ero abituato.
Intanto i miei calendari vanno in mezza Europa e nelle Filippine, in Canada, USA, Argentina, Perù... Un calendario della Val Varaita sulle Ande. Il giorno che tutta la vita mi passerà davanti agli occhi lo rivedrò certamente.
La tecnologia avanza ed emerge in me la ritrosia verso le reflex, provo fastidio a sentire che "il full frame è meglio". Sento che mi trascina in una corsa verso l'alto che puzza di conformismo e di consumismo. Mi sembra la ruota di un criceto dove l'insoddisfazione è sempre dietro al traguardo travestita da un concetto di "qualità della foto" che valuta più il singolo pixel che il contesto di scatto e il soggetto dell'immagine. Mi devo smarcare.
Scopro il Micro 4/3 e me ne innamoro sposando le mirrorless e le lenti di quella storica Olympus che un freddo rebranding oggi chiama OM-System.
Mi conquistano l'usabilità e la capacità di essere sempre tanto all'altezza quanto di abbassarsi alle mie necessità in ogni circostanza. L'arrogante Full Frame non si adatta a nessuno.
Mentre leggo mille recensioni sul Micro 4/3 leggo un titolo.
"LESS IS MORE"
Non è solo un titolo.
"Si tratta di mandare un messaggio".
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